mercoledì 31 ottobre 2012
Edwin S. Porter-Uncle Josh At The Moving Picture Show (1902)
Il cinema ama, fin dagli esordi, parlare di se stesso:
lunedì 29 ottobre 2012
Giuseppe M.Gaudino
Nasce a Pozzuoli nel 1957. Dopo il diploma all'Accademia di Belle Arti di Napoli si iscrive al DAMS di Bologna scegliendo l’indirizzo Spettacolo della Facoltà di Lettere e Filosofia e poi si diploma in Scenografia al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma. Gira alcuni cortometraggi, come In una notte di luna piena e documentari (come Antrodoco, una storia per due battaglie), e intanto lavora in teatro come scenografo e regista.
Dà poi vita ad una serie di lavori ambientati nell'area dei Campi Flegrei, da film (come 00580 annotazioni per un documentario su Pozzuoli, selezionato al XVIII Internationales Forum des Jungen Film di Berlino) a documentari e progetti radiofonici (opere quali Per il rione terra, L'Assunta, Verso Baia, Giro di lune: video-trailer per un progetto di film, Là dove bocca, sguardo e cuore s'incontrano ecc.). Tra questi il film di 50' intitolato Calcinacci (storia di una banda di ragazzini che distrugge una città) vince al Torino Film Festival il "Premio Spazio Italia" e viene invitato al "Festival Cinéma du Réel" di Parigi e all'Internationale Film Festival di Rotterdam.
Nel 1992 gira un ritratto d Gianni Amelio (Joannis Amaelii, animula vagula blandula). Produce e scrive con Isabella Sandri, il primo lungometraggio Il mondo alla rovescia, selezionato, tra gli altri al Festival di Locarno e al Karlovy Vary.
Dal 1995 al 1997 realizza il film Giro di lune tra terra e mare, del quale è anche produttore e co-sceneggiatore, e che viene presentato in concorso alla Biennale di Venezia. Nel film si alternano immagini documentarie degli sfollati dal Rione Terra durante il Bradisismo.
Il lungometraggio vince diversi premi (tra cui il "Tiger Award" al Festival di Rotterdam, la Grolla d'oro er la Regia e il premio Miglior Regista alla "Semana des Realizadores").
Ancora in sodalizio artistico con Isabella Sandri, nel 1999 gira La casa dei limoni, su una bambina palestinese in un campo nomadi in Libano.
Alla XIV Mostra Internazionale del Cinema di Pesaro gli viene viene assegnato il Premio "CinemAvvenire" quale "autore emergente del cinema Italiano degli anni '90".
Nel 2000 firma la sceneggiatura e produce Animali che attraversano la strada per la regia della Sandri, storia ambientata nelle periferie romane che racconta l'iniziazione dolorosa di una ragazza adolescente.
Nel 2001 gira il documentario Scalamara, parte della serie prodotta da Nanni Moretti e Angelo Barbagallo I diari della Sacher, ispirata a storie vere dell’Archivio Diaristico Nazionale di Pieve Santo Stefano.
Nel 2003 realizza Materiali a confronto. Albania 1994 – Italia 2002, un documentario di 110 minuti selezionato alla LX Biennale Venezia, sezione "Nuovi territori", un lavoro sulle immagini sedimentate tra memoria e realtà, sul passato e il presente visto da un angolo del mondo.
Dal 2003 al 2005 realizza con Isabella Sandri il film documentario Maquilas, ambientato tra le operaie delle fabbriche di Ciudad Juarez, dove centinaia di donne vengono ritrovate uccise e fatte a pezzi. Presentato al Festival di Torino, vince il "Premio Speciale della Giuria" e il "Premio Cipputi", come miglior documentario sul mondo del lavoro.
Dal 2003 al 2008, sempre con Sandri, realizza il documentario Storie d'armi e di piccoli eroi, girato in Afghanistan, la storia di un orfano delle "bombe intelligenti" che riesce a salvarsi grazie alla sua passione per la scrittura e i libri, mettendo la penna contro le bombe, per arginare l'inferno del proprio Paese, tramite un'esistenza semplice e votata al futuro.
Dal 2007 al 2010 con la Sandri, realizza Per questi stretti morire (Cartografia di una passione). Presentato nella sezione competitiva internazionale "Orizzonti" alla LXIV Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia, il film ricostruisce la vita in Patagonia tra il 1910 e il 1935 di un salesiano, cartografo, fotografo e cineasta che si strugge per la scomparsa degli ultimi indios e per la bellezza del paesaggio. Il film ha vinto il Premio "Città di Imola" come Miglior Film Italiano presente al Film Festival di Trento 2011 e il Premio Speciale della Giuria al XVIII “Premio Libero Bizzarri”.
Esiste sul lavoro di Gaudino-Sandri il film-documentario dal titolo Les Champs brùlant di Catherine Libert e Stefano Canapa, vincitore del Premio Speciale della Giuria al Festival del Cinema di Torino XXIX edizione.
Che cos'è il cinema
"Il cinema è un'invenzione senza futuro"
Auguste e Louis Lumière
Nel 1995 41 registi internazionali vengono coinvolti in un progetto: realizzare un cortometraggio con le tecniche di lavoro che c'erano cento anni prima, alla data dell'invenzione "senza futuro".
Auguste e Louis Lumière
Nel 1995 41 registi internazionali vengono coinvolti in un progetto: realizzare un cortometraggio con le tecniche di lavoro che c'erano cento anni prima, alla data dell'invenzione "senza futuro".
domenica 28 ottobre 2012
Michelangelo Frammartino
Nasce a Milano nel 1968 da genitori calabresi. Si iscrive alla Facoltà di Architettura del Politecnico e alla Civica Scuola del Cinema, dove si occupa in particolare di videoinstallazioni. Negli anni della sua formazione realizza cortometraggi, scenografie per film, videoclip, videoinstallazioni e film indipendenti. Dal 2005 insegna Istituzioni di regia all'Università degli studi di Bergamo. Esordisce sul grande schermo con il film Il dono (2003) presentato al Festival Internazionale di Locarno, a cui segue Le quattro volte (2010).
martedì 23 ottobre 2012
Che cos'è il cinema
"Per Pasolini il cinema era soprattutto pittura, per Fellini messa in scena, per Visconti letteratura, per Ejsestein montaggio. Per noi tutto è importante, ma l'elemento chiave è il rapporto tra immagine e suono. è il momento in cui si sente maggiormente la forza, la magia, il mistero e la curiosità del cinema"
Paolo e Vittorio Taviani
Discutiamo, discutiamo. Marco Bellocchio 1969
Per noi "giovani" non significa chi non è, come per voi, ancora adulto. Non esiste un contrasto di generazione, esiste solo un contrasto tra chi si pone in posizione critica e dialettica verso la realtà e chi invece questa realtà subisce passivamente.
L'Oriente del Neorealismo
"Il neorealismo è fatto di racconti di stampo orientale. Come l'Oriente, l'Italia vive nella strada. Il califfo anziché travestirsi da uomo del popolo si traveste da macchina da presa. In Miracolo a Milano De Sica spinge il racconto orientale all'estremo..." Jean Cocteau
lunedì 22 ottobre 2012
Che cos'è il cinema...
“Un regista deve avere le suole di vento, andare altrove, e riportare indietro, per gli altri, dei pezzi di tappeto volante” Jean Rouch
venerdì 19 ottobre 2012
lunedì 15 ottobre 2012
Metablog
La mia carriera cinematografica ha avuto origine per puro caso: fino al 1920 io ero un chimico e, per dir la verità, per quanto fossi un buon intenditore delle altre forme d’arte, consideravo col massimo disprezzo il cinematografo. Come moltissimi altri non potevo ammettere che la cinematografia fosse un’arte: la consideravo come un surrogato inferiore del teatro. Una tale attitudine non può meravigliare se si considera che razza di ciarpame fosse il film di quell’epoca.
Ma un incontro occasionale con un giovane pittore e teorico del film, Kuleschov, mi dette modo di conoscere le sue idee e modificò radicalmente e totalmente la mia opinione sul cinematografo. Fu da lui che io appresi il significato della parola montaggio, parola che ha
avuto una parte così importante nello sviluppo della nostra arte cinematografica. In sostanza egli diceva questo: in ogni arte ci deve essere anzitutto un materiale e poi un metodo di elaborazione di esso, un metodo tipico di quella specifica arte. Il musicista ha per materiale il suono che egli compone nel tempo. Il materiale del pittore sono i colori che egli poi combina nella tela. Il materiale, nell’opera cinematografica, consiste nei singoli pezzi di pellicola impressionata e il metodo di elaborazione e composizione di questo materiale consiste nel congiungerli secondo un ordine creativo. L’arte del film comincia quando il direttore dà un ordine ai diversi pezzi di pellicola impressionata. Il suo unirli in un modo invece che in un altro, secondo un ordine piuttosto che secondo un altro dà risultati diversi.
(Vsevolod I. Pudovkin, Film e fonofilm, fine anni venti)
sabato 13 ottobre 2012
lunedì 1 ottobre 2012
Quel che il cinema deve a Pirandello
Estratto da Eredità contemporanee: il pirandellismo de "La vita che vorrei" di Giuseppe Piccioni, in Aa. Vv. Quel che il cinema deve a Pirandello, Atti del 48 convegno
internazionale di Studi Pirandelliani, (a cura di) E. Lauretta, Metauro,
Agrigento, 2011:
Laura: «Ma quando devi girare una scena in cui devi piangere come fai? Piangi davvero?» Stefano: «No! Non sopporto quelli che piangono davvero. Recitare non ha niente a che fare con il sentimento o con la sincerità»
Scorrendo la filmografia di Giuseppe Piccioni, regista di spicco nel panorama italiano del cinema d'autore contemporaneo, si ha l'impressione di trovarsi di fronte ad un cantore dell'epoca moderna, fatta di solitudini che difficilmente riescono a comunicare, di uomini e donne in lotta costante con la quotidianità e in cerca di ridefinire se stessi. Decisamente ancorato al presente, il regista/sceneggiatore ha, però, dimostrato una predilezione tutta particolare verso un certo tipo di tematiche e di personaggi che lo avvicinano a Pirandello. Escluderei la diretta e consapevole ascendenza, convenendo piuttosto con Gian Piero Brunetta e la sua teoria dell'onda lunga di Pirandello nel cinema moderno. Ed anzi l'influenza dell'Agrigentino è, a mio avviso, molto più evidente nella filmografia del regista marchigiano che non nei registi della generazione precedente, nell'Antonioni di Professione: reporter (1975), nel Godard di Questa è la mia vita (1962) o nell'Allen de La rosa purpurea del cairo (1985), come altrove è stato più volte sottolineato...
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Laura: «Ma quando devi girare una scena in cui devi piangere come fai? Piangi davvero?» Stefano: «No! Non sopporto quelli che piangono davvero. Recitare non ha niente a che fare con il sentimento o con la sincerità»
Laura: «Si ma se devi piangere...
Io non ci riuscirei mai se non pensassi a qualcosa che
mi è successo. Le poche volte che ho lavorato mi
sembrava di non riuscire a fare certe cose perché
non le avevo vissute!»
Stefano: «Ma scusa se il tuo personaggio deve morire, tu che
fai muori davvero?».
(Da "La vita che vorrei")
Scorrendo la filmografia di Giuseppe Piccioni, regista di spicco nel panorama italiano del cinema d'autore contemporaneo, si ha l'impressione di trovarsi di fronte ad un cantore dell'epoca moderna, fatta di solitudini che difficilmente riescono a comunicare, di uomini e donne in lotta costante con la quotidianità e in cerca di ridefinire se stessi. Decisamente ancorato al presente, il regista/sceneggiatore ha, però, dimostrato una predilezione tutta particolare verso un certo tipo di tematiche e di personaggi che lo avvicinano a Pirandello. Escluderei la diretta e consapevole ascendenza, convenendo piuttosto con Gian Piero Brunetta e la sua teoria dell'onda lunga di Pirandello nel cinema moderno. Ed anzi l'influenza dell'Agrigentino è, a mio avviso, molto più evidente nella filmografia del regista marchigiano che non nei registi della generazione precedente, nell'Antonioni di Professione: reporter (1975), nel Godard di Questa è la mia vita (1962) o nell'Allen de La rosa purpurea del cairo (1985), come altrove è stato più volte sottolineato...
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Incontri: Pina Bausch e Chantal Akerman
Chantal Akerman regista e artista,conosciuta per il suo stile sperimentale (assenza d'azione, sospensione del movimento, astrazioni temporali), affronta nei suoi film, documentari e videoistallazioni tematiche complesse quali l'identità, la sessualità, la memoria e la politica.
Agli albori del 'metodo' Bausch, lungo cinque settimane la regista belga ha seguito il lavoro di Pina Bausch, da una rappresentazione all'altra e in diversi festival e città. Filmando da vicino i corpi dei danzatori, ha cercato di catturarne tensioni ed emozioni.
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