venerdì 7 gennaio 2011

Il fu (una, due, tante volte) Mattia Pascal

Che viaggio può fare un testo letterario? Mi sono imbattuta per caso in un numero del noto fumetto di Tiziano Sclavi (Dylan Dog n° 67) per scoprire che la storia “L’uomo che visse due volte” è tratta dal noto romanzo pirandelliano “Il fu Mattia Pascal”. Il romanzo, infatti, che ha avuto un’eccezionale fortuna, tradotto nella maggior parte delle lingue europee già negli anni ’20-’30, ha subìto trasposizioni teatrali da parte di registi d’eccezione per giungere fino ad un genere letterario considerato popolare, di massa. Anche il cinema l’ha tre volte trasposto (Marcel L’Herbier Le feu Mathias Pascal nel 1925, Pierre Chenal L’homme de nulle parte nel 1936, Mario Monicelli Le due vite di Mattia Pascal nel 1985) a seconda del genere che voleva privilegiare o in base al pubblico fruitore. Chenal arricchisce il realismo francese degli anni ’30 di una potente dimensione politica e umanistica; Monicelli carica il suo protagonista, interpretato da Marcello Mastroianni, delle caratteristiche dell’uomo medio italiano, vitellone ed egoista nell’Italia del boom economico e del radicamento della mafia nella società. Il film di L’Herbier è il più riuscito, sia dal punto di vista tematico tracciando un’apologia della libertà, sia dal punto di vista tecnico. L’Herbier, regista sperimentale, sfrutta in questo film gli elementi onirici e surreali, mettendoli a servizio della futura avanguardia francese.