lunedì 15 ottobre 2012

Metablog

La mia carriera cinematografica ha avuto origine per puro caso: fino al 1920 io ero un chimico e, per dir la verità, per quanto fossi un buon intenditore delle altre forme d’arte, consideravo col massimo disprezzo il cinematografo. Come moltissimi altri non potevo ammettere che la cinematografia fosse un’arte: la consideravo come un surrogato inferiore del teatro. Una tale attitudine non può meravigliare se si considera che razza di ciarpame fosse il film di quell’epoca. Ma un incontro occasionale con un giovane pittore e teorico del film, Kuleschov, mi dette modo di conoscere le sue idee e modificò radicalmente e totalmente la mia opinione sul cinematografo. Fu da lui che io appresi il significato della parola montaggio, parola che ha
 avuto una parte così importante nello sviluppo della nostra arte cinematografica. In sostanza egli diceva questo: in ogni arte ci deve essere anzitutto un materiale e poi un metodo di elaborazione di esso, un metodo tipico di quella specifica arte. Il musicista ha per materiale il suono che egli compone nel tempo. Il materiale del pittore sono i colori che egli poi combina nella tela. Il materiale, nell’opera cinematografica, consiste nei singoli pezzi di pellicola impressionata e il metodo di elaborazione e composizione di questo materiale consiste nel congiungerli secondo un ordine creativo. L’arte del film comincia quando il direttore dà un ordine ai diversi pezzi di pellicola impressionata. Il suo unirli in un modo invece che in un altro, secondo un ordine piuttosto che secondo un altro dà risultati diversi. (Vsevolod I. Pudovkin, Film e fonofilm, fine anni venti)

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